Abbazia Santa Maria in Sylvis

Sesto Al Reghena

Nel Comune di Sesto al Reghena, l’abbazia di Santa Maria in Sylvis, uno dei più importanti centri benedettini del Friuli,  deve il suo nome all’estesa selva che la avvolgeva al tempo della fondazione nella prima metà dell’VIII secolo. Ciò che rimane dell’antico monastero, incastonato nelle varie stratificazioni successive conosciute dal complesso, è un vero gioiello dell’arte e dell’architettura medioevali.
Nel  762 l’Abbazia ricevette la donazione di tre nobili longobardi, Erfo, Marco e Anto, alla quale seguirono numerose altre. Nell’anno 899 subì la devastante invasione degli Ungheri che distrusse l’Abbazia quasi completamente, ma tra il 960 e il 965 l’abate Adalberto II iniziò l’opera di ricostruzione. Così l’Abbazia accrebbe la sua potenza non solo sul piano religioso, ma anche su quello civile, tanto da assumere l’aspetto di castello medioevale con un vero sistema difensivo formato da torri e fossati. Gli edifici abbaziali vennero circondati da una cerchia dotata di sette torri, delle quali rimane oggi  la torre di accesso, trasformata in forme rinascimentali nel 1514. Con il diploma del 967, Ottone I donò al Patriarcato di Aquileia l’Abbazia, che più tardi, nel 1420, passò sotto la dominazione della Repubblica Veneta che la affidò nel 1441 a prelati secolari che non vi risiedevano. Soppressa la Commenda, i beni e le proprietà dell’abbazia vennero messi all’asta. Dopo varie vicende, la giurisdizione religiosa passò alla diocesi di Concordia (1818) e nel 1921 la Santa Sede le riconobbe di nuovo il titolo di “Abbazia”.
Gli edifici che si vedono oggi, una volta varcato l’ingresso del complesso abbaziale, portano i segni delle trasformazioni subite nei secoli. A destra si osserva la residenza rinascimentale degli abati commendatari e la facciata dell’atrio che conduce alla Basilica. Di fronte si innalza la poderosa torre campanaria della metà dell’XI secolo, organizzata a pianta quadrata e solcata da lesene raccordate da archetti a doppia ghiera, secondo una tipologia edilizia molto diffusa nel territorio veneto.  Sul lato ovest sorge il palazzo della cancelleria abbaziale, risalente all’XI secolo, in cui sono ancora visibili alcune aperture originali, ora murate.
L’accesso al nucleo edilizio che comprende la Basilica avviene attraverso un portico con una scala che conduce al piano superiore. Alcune belle trifore, risalenti all’inizio dell’XI secolo come tutto il complesso, illuminano il locale posto al primo piano. A fianco dell’ingresso alla sommità della scala si possono osservare interessanti resti di affreschi di soggetto cavalleresco che indicano per i locali del primo piano una funzione laico-giurisdizionale.
Interessanti sono pure gli affreschi sopra il portale di accesso, raffiguranti San Michele e San Benedetto con il drago, risalenti al XII secolo. A sinistra dell’entrata, una loggia è sorretta da pilastri dai capitelli decorati da inserti in laterizio.
Verso est sorge l’edificio della Basilica.   Sul lato settentrionale, più spoglio del lato opposto, sorgeva un chiostro, ora scomparso. Il muro esterno dell’atrio è aperto da eleganti finestre dalle fini decorazioni scultoree. Dopo un breve avancorpo, si accede all’atrio propriamente detto, sorretto da due file di quattro pilastri.
La Basilica, di forma romanico-bizantina datata al XII-XIII secolo, ha una struttura a tre navate su colonne alternate a pilastri. Il presbiterio, dotato a est di tre absidi incluse nella muratura, è sopraelevato su una cripta a sette navate, opera di ricostruzione, che ospita un’urna di S. Anastasia risalente all’VIII secolo.
Sopra l’ingresso e nel vestibolo della Basilica, sono conservati affreschi dei secoli XI-XV, (tra essi scene dell’Inferno e del Paradiso), mentre lungo le navate sono visibili altri affreschi d’ispirazione giottesca.

I dintorni del complesso dell’Abbazia offrono interessanti possibilità escursionistiche per gli amanti della natura, delle tradizioni locali e dell’arte. Partendo dal centro storico di Sesto al Reghena, lasciata l’Abbazia alle spalle, si può svoltare a destra per via Giotto di Bondone, e, arrivati al canale Reghena, accedere ai Prati Burovich.
Ritornati in centro, da piazza Aquileia si può proseguire per via Zanardini, percorrere via Levada per poco più di un km e svoltare a sinistra in via Piave, imboccando a destra dopo circa 300 metri una strada campestre ciclabile e pedonale, memoria di un’antica strada romana. Da lì si giunge al guado sulla roggia Versiola, oltrepassato il quale appare la chiesetta di S. Pietro.
Percorsa via S. Pietro, si può proseguire in via Stalis superando il ponte sul fiume Lemene che, diramandosi, lambisce un isolotto dov’è ubicato l’antico Mulino di Stalis. Il luogo merita una sosta per osservare come le acque del Lemene siano state sapientemente utilizzate nel passato per far muovere le macine necessarie a produrre la farina per il pane.
Proseguendo su strada bianca fino alla Fontana di Venchiaredo, si può fiancheggiare il vicino lago Paker (o Pacher), in località Casette, e proseguire per circa un km fino a trovare sulla sinistra via Siega. In questo borgo si trova uno raro esempio di antica segheria (XVIII sec.) che conserva tutt’oggi al suo interno le attrezzature originarie per la lavorazione del legno.
Si prosegue immettendosi in via Borgo di Sotto e, svoltando a destra, si arriva al centro della frazione Bagnarola, dove si trova la Chiesa di Tutti i Santi.
Il percorso si può concludere nella frazione di Ramuscello, che si raggiunge percorrendo via Monte Santo e via Piramidi, fino a giungere all’incrocio con la Strada Statale, attraversata la quale si imbocca via Freschi che porta alla Villa omonima.

Le parole di Pasolini