Palazzo Altan
San Vito al Tagliamento
Di particolare rilievo storico e artistico a San Vito al Tagliamento è il Palazzo Altan, edificato nel corso del ‘600 in borgo di “Taliano” dove, nel 1603, la famiglia dei Conti Altan acquistò un modesto edificio. Con alcune modifiche edilizie e con l’acquisto della Torre Grimana, nel 1751, e la costruzione dell’oratorio neoclassico, si venne a definire architettonicamente il complesso edilizio, così come oggi si presenta, arricchito anche da un bellissmo giardino interno all’italiana.
Il palazzo è delimitato dalle due barchesse e disegnato a est da un’esedra, con tracce di pittura seicentesca, attribuibili al pittore tedesco Anton Joseph, che ricorda il classico ninfeo. Il perimetro sud ed est del complesso è racchiuso dalle antiche fosse ed è perimetrato da mura e da una torre circolare attribuita all’espansione urbanistica del patriarca Marino Grimani.
L’impianto distributivo interno è l’insieme aggregato di due piante tripartite, di cui una è caratterizzata da un corridoio interno posto lungo l’asse longitudinale. Si segnalano inoltre gli ambienti della biblioteca settecentesca e delle sale ornate da stucchi e affreschi.
Sul soffitto della camera che certamente fu di Leandra Altan venne eseguito, presumibilmente nell’ultimo quarto del XVII secolo, un ciclo a fresco raffigurante alcuni episodi tratti dalla Gerusalemme liberata di Torquato Tasso. Gli episodi narrati sono L’apparizione dell’Angelo Gabriele a Goffredo di Buglione; Armida chiede a Goffredo di Buglione l’invio di soldati tra cui Rinaldo; Il sonno di Erminia in riva al fiume; Battesimo e morte di Clorinda; Rinaldo nel giardino incantato di Armida. Il ciclo, attribuito a Lucillo Candido, mostra i limiti e gli impacci tecnici dell’autore, ma nondimeno alcuni dettagli risultano gradevoli per l’aura favolistica che pervade il complesso degli episodi affrescati.
Il palazzo attualmente è di proprietà della Provincia di Pordenone che lo ha destinato parzialmente a sede del Museo della Vita Contadina.
Nel dopoguerra era ancora abitato dal conte Carlo Tullio Altan che si segnalò per la sua posizione di autonomia durante le lotte contadine del gennaio 1948 per la conquista di più eque condizioni di lavoro. Fu lui a rompere il fronte padronale, accordando quanto previsto dal Lodo De Gasperi, e per questo venne accusato dal conte Francesco Rota di essere un traditore venuto a patti con i comunisti e i ribelli.
Da queste vicende Pasolini trasse spunto per una parte della trama del romanzo friulano Il sogno di una cosa, edito a Roma nel 1962.